Smetti di Pensare Troppo: 5 Lezioni Controintuitive di Raffaele Morelli per Vivere il Presente

L’Illusione del Controllo

Quante energie spendiamo ogni giorno nel tentativo di risolvere problemi, prevenire imprevisti e tenere tutto sotto controllo? Questa costante “tensione a risolvere le cose”, questa continua preoccupazione, è una delle principali fonti di stress della vita moderna. Crediamo che analizzando, ragionando e pianificando di più potremo finalmente trovare la serenità. Ma cosa succederebbe se questo approccio fosse fondamentalmente sbagliato?

Lo psichiatra Raffaele Morelli propone una visione radicalmente diversa e controintuitiva: il vero benessere non deriva da un maggiore controllo mentale, ma dalla capacità di lasciar andare e osservare ciò che accade dentro di noi, senza interferire. È un invito a deporre le armi della ragione e a fidarsi di una saggezza interiore che opera in silenzio, proprio come un seme che germoglia nel buio della terra.

Scopriamo insieme cinque dei suoi principi più sorprendenti, lezioni che sfidano tutto ciò che pensiamo di sapere sulla gestione delle nostre emozioni e che offrono una strada concreta per vivere finalmente nel presente.

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1. I Tuoi Pensieri Sono lo Strumento Sbagliato per Gestire le Emozioni

Il primo, fondamentale errore che commettiamo è tentare di “ragionare” con i nostri stati d’animo. Morelli è categorico su questo punto: il pensiero razionale è uno strumento potentissimo, perfetto per imparare le lingue, studiare la matematica o fare ragionamenti logici, ma è del tutto inadeguato a gestire il mondo dei sentimenti e degli affetti.

Cercare di analizzare la tristezza, trovare le cause della rabbia o risolvere un dolore affettivo con la logica è come provare ad avvitare una vite con un martello: non solo non funziona, ma complica terribilmente le cose. Più ci ragioni, più il disagio si aggroviglia e si cronicizza.

Cosa fare, allora? Sostituire i pensieri con le immagini. Quando senti un dolore affettivo, la prima tentazione è rimuginare. Invece, Morelli, citando il filosofo Bachelard, consiglia un esercizio potente: prima di tutto, senti il dolore senza analizzarlo. Subito dopo, smetti di pensare e porta alla mente un’immagine in cui ti senti a tuo agio. Può essere una scena della tua infanzia in cui stavi bene, o un paesaggio naturale che ti trasmette pace. Questo semplice gesto sposta l’energia mentale dalla ruminazione distruttiva a uno stato di quiete interiore.

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2. Osserva il Disagio Senza Giudicarlo: Diventerà un Alleato

La pratica centrale proposta da Morelli è trasformativa. Quando un’emozione difficile come la tristezza, la rabbia o la paura emerge, la nostra reazione istintiva è combatterla, giudicarla o interrogarla: “Perché mi sento così? Dove ho sbagliato? Non dovrei provare questo”. Questo è l’approccio che ci tiene bloccati.

La vera soluzione è fare l’esatto opposto: accogliere e osservare. Si tratta semplicemente di prendere atto della sua presenza, dicendo a se stessi: “Adesso, in questo momento, accade la tristezza”. Non bisogna fare nulla, solo guardare. Questa “goccia di consapevolezza”, questo sguardo interiore privo di giudizio, è l’atto stesso della trasformazione. Nel momento in cui guardi, stai già trasformando. L’emozione, non più combattuta, può finalmente fluire e rivelare il suo scopo.

Morelli riassume questo concetto con parole potenti:

“non siamo qui per modificare ciò che non ci piace o ciò che accade che ci disturba. Siamo qui per guardare, per constatarne la presenza. Allora quello che tu chiami un nemico diventa un compagno di viaggio.”

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3. Le Parole che Usi Creano (o Distruggono) il Tuo Mondo

Le parole non sono semplici etichette, ma forze creatrici. Morelli le definisce “spermatiche”, capaci cioè di fecondare la nostra realtà interiore e plasmare il nostro destino. Le frasi che ripetiamo a noi stessi non descrivono solo come ci sentiamo, ma creano attivamente quello stato.

Il pericolo più grande risiede nel ripetere continuamente le stesse storie negative, gli stessi lamenti, le stesse autodefinizioni limitanti. Dire “Ormai io non mi piaccio” non è una constatazione innocua: è un atto che ricrea costantemente proprio la parte di te che non ti piace. La ripetizione non chiarisce la situazione, ma consolida “il vecchio che c’è in te”. Morelli avverte che queste parole non si limitano a rafforzare il passato; entrano attivamente nel “vecchio che c’è in te” e lo fecondano, facendolo rinascere giorno dopo giorno.

L’esercizio, quindi, è tanto semplice quanto difficile: se ti accorgi di aver già detto una cosa molte volte, smetti di dirla. Interrompi il circolo vizioso delle parole che ti tengono prigioniero del passato e apriti al potere del silenzio.

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4. Smetti di Definirti: Non Sei Ciò che Pensi di Essere

“Sono una donna con molta volontà e grinta”. Questa frase, tratta dall’email di una lettrice, è un esempio perfetto di come ci ingabbiamo da soli. Secondo Morelli, definirsi è un errore. Nessuna persona al mondo è una cosa sola: non sei solo “grintoso”, “ansioso” o “insicuro”.

Queste etichette, che ci diamo nel tentativo di capirci, diventano delle prigioni. Ci impediscono di vedere cosa sta realmente accadendo dentro di noi adesso, perché ci costringono a guardare il presente attraverso i filtri del passato e di ciò che crediamo di essere.

L’invito è a smettere di guardarsi attraverso le vecchie definizioni, che sono sempre un prodotto del passato. Invece di dire “Io sono…”, sposta l’attenzione sull’unica cosa reale: “Cosa accade dentro di me, in questo preciso istante?”. La risposta non si trova in un’etichetta, ma in un’osservazione silenziosa del momento presente.

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5. Non “Recuperare” i Rapporti Finiti. Vivi l’Addio.

Una delle “più grandi sciocchezze” che commettiamo nei momenti difficili, specialmente dopo una rottura, è cercare di “mettere a posto le cose” o “recuperare il rapporto”. L’approccio di Morelli è diametralmente opposto: se una persona ti ha lasciato, il primo passo è prendere atto che è finita.

Perché cadiamo in questa trappola? Morelli spiega che è la paura dettata dai luoghi comuni a prendere il sopravvento: “E adesso? Resterò sola”, “Nessuno mi vorrà più”. Invece di vivere l’emozione reale dell’addio, iniziamo a costruire col pensiero una serie di scenari catastrofici che non hanno nulla a che fare con il momento presente.

Invece di perdersi in rimuginazioni infinite (“Forse ho sbagliato”, “Si è messa con un’altra perché…”), il compito è un altro: vivere pienamente l’esperienza dell’addio. Significa permettersi di sentire il dolore, la perdita, la disperazione. L’idea è potente e liberatoria: “piangi una volta sola”. Piangi profondamente, disperati, ma fallo una volta per tutte. Continuare a ragionare sul dolore, infatti, non fa che cronicizzarlo, permettendogli di “mettere radici” dentro di te e trasformando una ferita acuta in una sofferenza perenne.

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Conclusione: Trovare le Risposte nel Silenzio

Il messaggio di Raffaele Morelli è una vera e propria rivoluzione interiore. Ci invita a un cambiamento radicale: passare dall’incessante analisi mentale all’osservazione silenziosa, dall’aggrapparsi ai pensieri all’affidarsi alle immagini, dal definire il passato al vivere il presente. Siamo molto più simili a un seme, che germoglia nel buio e nel silenzio, di quanto pensiamo. La nostra vera natura non ha bisogno dei nostri ragionamenti per fiorire.

La prossima volta che ti sentirai perso nel labirinto della tua mente, prova a fermarti. E se la vera soluzione non fosse trovare una risposta, ma smettere di farsi la domanda sbagliata?


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